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Perché è stato bloccato ChatGPT?

Rivoluzione nell’intelligenza artificiale: Italia blocca ChatGPT

Sembra proprio che il 2023 sia l’anno dei divieti, dopo la minaccia di rimuovere Tiktok, adesso la chatbot ChatGPT è al centro della polemica sulla privacy. Mygladix è un’agenzia di marketing e comunicazione a Brescia, specializzata nel settore IT grazie alla sua business unit Myxtech!

Cos’è e come funziona ChatGPT?

Innanzitutto, ChatGPT si può definire come una chatbot, ovvero un software che sfrutta l’intelligenza artificiale per rispondere alle domande che gli utenti pongono. Queste risposte vengono formulate non cercando informazioni su internet, bensì traendo soluzioni dalle informazioni apprese da dati. Non è un caso, dunque, che il bot dica: 

“Le mie risposte non sono da intendersi come fatti, io incoraggio sempre le persone a verificare le informazioni che ricevono da me o da altre fonti”.

È stato progettato da OpenAI, società sostenuta da Microsoft. Mygladix è da anni partner di Microsoft, scopri tutti i vantaggi della collaborazione. La mission nello sviluppo del software era quella di avvicinarsi il più possibile all’intelligenza umana, per questo sono stati utilizzati algoritmi di apprendimento automatico per generare risposte con linguaggio naturale. Nello specifico, è stato sfruttato il modello di apprendimento automatico Large Language Model o LLM, che analizza enormi quantità di dati per dedurre relazioni tra parole, da qui derivano quindi i pattern da utilizzare nell’elaborazione di testi.

Perché ChatGPT è stato bloccato in Italia?

Il Garante della privacy italiano ha iniziato a mostrare ostilità già il mese scorso, e il 31 marzo è arrivato il comunicato ufficiale in cui veniva annunciato il blocco temporaneo e l’indagine istantanea a OpenAI, la startup americana proprietaria di ChatGPT. Le ragioni che hanno fatto diventare l’Italia il primo paese occidentale a sospendere la piattaforma sono molteplici, analizziamone alcune:

  •        Privacy, il Garante sta avendo difficoltà a comprendere la politica dei dati di OpenAI. Secondo le loro analisi, la piattaforma non sembra rispettare la normativa del Gdpr, il regolamento europeo per la protezione dei dati personali, nella dichiarazione ufficiale si legge: “Non c’è alcuna base legale che giustifica la raccolta massiccia di dati”. Inoltre, il Garante ha sottolineato l’inadempienza di OpenAI nel mantenere la loro policy under-13, che non permette agli utenti inferiori con età di tredici anni di utilizzare il software.
  •        Rischio del lavoro, la velocità di sviluppo di queste nuove tecnologie sembra infatti allarmare sulla stabilità di alcune posizioni di lavoro. Data l’impressionante rapidità e accuratezza nell’esposizione dei contenuti, sembrerebbe che la loro sostituzione con una macchina si stia avvicinando.
  •        Disinformazione, come già accennato, ChatGPT non garantisce l’assoluta esattezza dei contenuti esposti all’utente, è quindi possibile che vengano esibite informazioni senza alcun fondo di veridicità (scopri come riconoscere le fake news).

La startup rischia di dover pagare una multa di venti milioni di euro se non risponderà a tutti i dubbi sorti riguardo al trattamento dei dati degli utenti. OpenAI si è però dimostrata disponibile a mediare con il governo italiano.

E adesso? Cosa sta succedendo?

Per ora sono sorti software che vogliono emulare le caratteristiche di ChatGPT, tra questi emerge PizzaGPT, creato da un italiano all’estero per offrire ai propri connazionali un servizio simile.

A livello legale, settimana scorsa a Roma è stata organizzata una videoconferenza tra i vertici del Garante e il team legale di OpenAI. La startup ha voluto sottolineare la propria disponibilità nel collaborare con le autorità italiane, pur negando sempre il mancato rispetto delle leggi sulla privacy. Il Garante ci ha tenuto invece a evidenziare come la decisione del blocco non parta da un atteggiamento di resilienza nei confronti della tecnologia, bensì dalla volontà di proteggere i dati degli italiani. Entrambe le parti si sono dunque dimostrate disponibili a collaborare per trovare un compromesso, anche se per ora l'Italia rimane l'unico paese dell'Unione Europea a trovare un'inosservanza dei regolamenti sulla privacy.

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